L’Intelligenza Artificiale è una delle tecnologie destinate a modificare profondamente i contesti e i settori più diversi: a tal proposito, abbiamo già approfondito questa evoluzione nell’ambito della Finanza, dell’e-commerce e persino della salvaguardia della fauna selvatica.
E anche lo sport è destinato a entrare a far parte di questa lista, poiché caratterizzato da una grande abbondanza di dati e informazioni quantificabili che ben si adattano alle caratteristiche intrinseche dell’AI.
Ad oggi, le applicazioni che già utilizzano l’Artificial Intelligence in ambito sportivo sono piuttosto numerose: si passa dal cosiddetto umpiring (ossia il supporto decisionale ai giudici di gara tramite software quali il VAR nel calcio, il Video Check nella pallavolo e l’hawk-eye nel tennis) al processo di training & coaching (offrendo assistenza durante gli allenamenti con il monitoraggio delle condizioni fisiche e delle prestazioni degli atleti tramite app dedicate, smart watch e GPS); dal broadcasting (ottimizzando le modalità con cui un evento sportivo live viene fruito dal pubblico e rendendolo sempre più immersivo grazie, per esempio, alla selezione dei migliori angoli di inquadratura e alla comunicazione di dati statistici in real time) alle attività di scouting e recruiting (con l’analisi dei dati, l’AI può offrire supporto nella valutazione del potenziale degli atleti e nella stima del loro valore di mercato) fino ad arrivare, ovviamente, alla media experience (i chatbot sono ormai molto diffusi anche nei club sportivi e l’AI viene oggi impiegata per realizzare video highlight sulla base dei picchi di reazione del pubblico).
Non basta? L’AI può essere utilizzata anche come tecnologia di riconoscimento biometrico per permettere ai tifosi di entrare allo stadio senza che debbano essere controllati i biglietti, evitando quindi ingorghi e colli di bottiglia all’ingresso; per prevedere il numero di presenze a un determinato evento e naturalmente per pronosticare i risultati di un match.
Inoltre, uno dei business attualmente considerati più interessanti è legato al cosiddetto giornalismo sportivo automatizzato: l’Intelligenza Artificiale può fornire aggiornamenti costanti – e dunque una copertura senza interruzioni – su ogni tipo di evento sportivo, e offrire in tempo reale informazioni e statistiche relative a tornei di qualunque categoria, incluse quelle minori. Si tratta di un risultato notevole, che difficilmente potrebbe essere raggiunto con la medesima precisione, continuità ed esaustività da parte di giornalisti sportivi in carne ossa. Questi ultimi, d’altro canto, possono comunque sfruttare le enormi potenzialità dell’AI per semplificare la cronaca (scritta, audio o video) di un evento.
Ma non è questo il punto di arrivo.
In considerazione dell’evoluzione costante di questa tecnologia intelligente, le sue prospettive di crescita in ambito sportivo sono ancora difficili da immaginare nella loro interezza. Se si considera la mole enorme di Big Data raccolti, la loro profondità e l’ormai progressiva riduzione dei costi di archiviazione associate a un incremento sistematico della potenza di calcolo, è certo che nel futuro assisteremo allo sviluppo di tante nuove applicazioni.
AI e sport industry: cosa dicono le ricerche sulle applicazioni esistenti e sulle prospettive future
Le ricerche relative alla stretta interconnessione tra Artificial Intelligence e sport industry e agli scenari attuali e futuri sono svariate.
Un esempio è il report del Dagstuhl Seminar del 2022, intitolato “Machine Learning in Sports”, in cui si sottolinea la crescente importanza dell’interazione tra comunità tra loro molto diverse – i specialisti di Machine Learning, quelli di Computer Vision e quelli di AI – al fine di individuare un approccio interdisciplinare riferito appunto al settore sportivo e ai dati da esso derivati.
A partire da tale principio, il panel ha esplorato diverse possibili direttrici per il futuro. Per quanto riguarda l’Intelligenza Artificiale, molto interesse suscita ad esempio la videografia AI applicata all’hockey amatoriale: si sottolinea infatti come l’applicazione della computer vision sia stata finora limitata in modo quasi esclusivo alle competizioni agonistiche di alto livello (essenzialmente per motivi di portata e di budget), sebbene vi siano nel solo Nord America oltre mille atleti hobbisti per ciascun atleta professionista.
Quest’ultimo è un fattore che potrebbe favorire lo sviluppo di sistemi video low-cost basati sull’AI – ossia economicamente accessibili anche per i piccoli club amatoriali – ferma restando la risoluzione di almeno tre problematiche chiave: l’attenzione spaziale, attraverso la generazione un’experience domestica dell’evento del tutto simile a un’esperienza live; l’attenzione temporale, focalizzandosi su soluzioni che sappiano estrarre soltanto i periodi di gioco attivo dalle videoregistrazioni e permettano quindi di godere del match senza interruzioni; e il labeling automatico dei giocatori di ogni squadra, essenziale per le statistiche durante i match.
Nell’applicazione dell’AI allo sport, il secondo argomento di interesse del panel del Dagstuhl Seminar è connesso invece alla salute degli atleti e si focalizza sull’importanza crescente dei wearable computing system negli sport ricreativi e professionali.
Questi sistemi si compongono di sensori fisiologici come l’ECG e l’EMG e di software di data recording biomeccanici, entrambi integrati in oggetti indossabili, e forniscono un’enorme quantità di dati molto interessante per la ricerca scientifica nei contesti sportivi. Tuttavia, perché tali sistemi possano essere realmente implementati bisognerà considerare diverse sfide: l’integrazione fluida e non invasiva dell’oggetto a fronte di una registrazione precisa dei dati; la comunicazione sicura e protetta anche in aree del corpo sensibili; l’interpretazione di dati fisiologici e biomeccanici attraverso metodiche di elaborazione del segnale e di apprendimento automatico; la simulazione e modellazione accurate sulla base dei dati prodotti dal sensore.
Molto interessante è anche la ricerca “Artificial Intelligence and Machine Learning in Sport Research: An Introduction for Non-data Scientists”, pubblicata da Nader Chmait e Hans Westerbeek dell’Institute for Health and Sport, Victoria University, Melbourne, Australia nel dicembre 2021, che sottolinea come siano ormai circa vent’anni che l’AI ha penetrato l’ambito sportivo modificando in modo permanente le modalità in cui esso viene analizzato e fruito. Nuovamente, viene sottolineata la centralità crescente di questa tecnologia nel miglioramento del processo decisionale e nelle previsioni sportive, ponendo poi l’accento sui più rilevanti ambiti di applicazione attuale dell’Artificial Intelligence.
Scopriamo così che, già nel volume Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game (2004) di Michael Lewis si parlava dell’impiego dell’Intelligenza Artificiale nella modellizzazione statistica al fine di assemblare una squadra di baseball composta da soli fuoriclasse, la Oakland Athletics. Soltanto due anni dopo, nel 2006, la ricerca “Artificial intelligence in sports biomechanics: new dawn or false hope?” esaminava i potenziali sviluppi dell’AI nella biomeccanica sportiva per discipline quali il tiro a segno o il calcio, così da realizzare modelli di prestazione per gli allenamenti degli atleti o di analisi del movimento dei migliori campioni.
E ancora, nel 2013 già si parlava dell’impiego delle reti neurali applicate allo sport al fine di comprendere e valutare la qualità dell’esecuzione di una performance e, di riflesso, ottimizzare i processi di training.
Per quanto riguarda le prospettive future dell’AI applicata allo sport illustrate da Nader Chmait e Hans Westerbeek nel loro paper, viene sottolineata l’importanza della questione etica (definita “un vaso di Pandora”) legata alle modalità con cui la tecnologia traccia atleti e spettatori, pur ribadendo che ci troviamo di fronte a un’evoluzione tecnologia ormai inarrestabile.
I ricercatori ritengono che, sebbene sia altamente improbabile che esperti e coach in carne e ossa vengano rimpiazzati in toto dalle macchine, l’impiego dell’Intelligenza Artificiale fornirà loro (e agli atleti) incredibili vantaggi proprio se associato all’expertise umana. Questa tecnologia metterà a disposizione dei patron dei club sportivi importanti informazioni in tempo reale sui comportamenti, le esigenze e i desideri dei consumatori di sport e, contestualmente, si trasformerà progressivamente nel principale produttore di contenuti sportivi personalizzati sui consumatori.
E anche se l’AI potrebbe, un domani, arrivare addirittura a sostituire gli arbitri in campo, per il momento si considera ancora centrale l’esperienza di entertainment che tifosi (e giocatori) desiderano vivere: in questo senso, l’elemento umano pare quindi imprescindibile.
È quindi più probabile che l’Artificial Intelligence continuerà a giocare nel ruolo di assistente, per esempio raccogliendo i dati relativi allo stato di forma di un atleta in modo da confrontarli con i migliori benchmark e gli studi disponibili per formulare allenamenti sempre più precisi e personalizzati o addirittura per prevedere possibili infortuni; ma anche analizzando in diretta le tattiche di gioco e proponendo istantaneamente quali giocatori dovrebbero essere messi in campo per ottenere il miglior risultato possibile nei tempi più rapidi.
In sintesi, l’Intelligenza Artificiale attuale e del prossimo futuro si propone di fornire una risposta articolata alle diverse esigenze del settore: offrire strumenti utili agli atleti e agli allenatori che devono poter monitorare e misurare le prestazioni; supportare i giudici di gara nel processo decisionale in real time e soddisfare la necessità dei tifosi di rimanere sempre “connessi” in modo immersivo agli eventi sportivi.
Non ci si attende invece che l’AI diventi totalmente padrona – e dunque infallibile deus ex machina – delle competizioni sportive: se così fosse, queste perderebbero molto del loro fascino perché sentimenti come frustrazione o entusiasmo sono intrinsecamente legati al decision-making sotto pressione e alla libertà di scelta. Al contrario, il prossimo futuro sembra favorire l’individuazione di un punto di equilibrio tra tecnologia e fattore umano.
Non ci resta che attendere per scoprire se i ricercatori hanno ragione.
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